Non ho mai fumato sigarette. L’ho fatto prima con sdegno, rimarcando quanto fosse stupido arrecare scientemente danno al proprio corpo; poi con più lieve giudizio, preferendo il gusto del sigaro a quello delle sigarette. Sì, perché col tempo sono diventato fumatore anch’io. Atipico, di soli sigari, moderato e discontinuo nel vizio, fino a lunghi periodi di astinenza senza sentirne necessità, ma fumatore.
Così leggo diversamente, oggi, quelle leggi che anni addietro avrei salutato con favore. E’ evidentemente la legge del contrappasso: i non fumatori hanno subito per anni l’arroganza dei fumatori ed oggi, con pari arroganza, restituiscono il favore. Non starò qui a sindacare sulla salubrità del fumo attivo o passivo, sulla necessità di una legge, sulla sua utilità sociale. Paiono ai miei occhi tutti giudizi scontati e condivisi.
Rifletto solo sul fatto che lo Stato con una mano sconsiglia, avverte, vieta, riempie i pacchetti di simpatiche scritte (riportano alla mente il “Ricordati che devi morire!” del film Non ci resta che piangere), e con l’altra vende e incassa quanto poco prima vituperato. E che i ristoratori, causa specifiche di legge troppo stringenti o manine corte, non hanno mai speso una lira (un euro, pardòn) sugli impianti di aspirazione e ricambio dell’aria. Né lo faranno ora, almeno a sentire in giro.
Fumeremo fuori dei ristoranti, nessun problema. Almeno però risparmiateci le crociate e gli eccessi verbali!