Ieri pomeriggio lavoravo tranquillamente al computer. Una giornata come un’altra.
Vivo fuori dal mondo e dalle notizie, dunque fin quasi alle 19 di ieri non sapevo ancora che un italiano e la sua moglie kazaka fossero stati brutalmente uccisi a Kabul. Ho aperto Facebook per controllare come andavano degli articoli aziendali pubblicati la mattina e sulla mia timeline ho iniziato a leggere frasi e commenti associati al profilo di un mio amico, Alessandro Abati. Era lui, vittima di un commando terroristico che ha fatto irruzione in un residence per stranieri a Kabul.
Leggevo e pensavo di aver capito male, che non fosse possibile, che doveva esserci un errore. Ho cercato sui giornali online e il suo viso ironico e sorridente era lì. E’ così diverso quando a una notizia orribile associ il volto di un tuo caro amico. E’ orribile e il mondo ti sembra un luogo peggiore, senza speranza.
Avevo conosciuto Alessandro tanti anni fa, per lavoro, a Roma. Me lo aveva presentato un altro amico comune. Si era subito stretta un’intesa particolare. Lui commentava il mio blog di allora, ci scambiavamo mail di lavoro che contenevano infinite digressioni di politica, ci sentivamo al telefono e ci saremo presi qualche caffè assieme.
Poi ha iniziato a viaggiare, tanto.
Costantemente però riuscivamo a sentirci, via Skype o Facebook o un messaggio del cellulare. Non frequentemente, ma con costanza. Ed era incredibilmente piacevole.
A fine agosto poi per lavoro salii a Bergamo e ci siamo rivisti. Arrivò con Aigerim Abdulayeva, sua moglie (così era secondo il rito kazako, non riconosciuto qui; così la presentava, con orgoglio; così sarebbe stato tra due mesi, con cerimonia italiana). Con incredibile cortesia e amicizia, mi portarono in giro per Bergamo Alta, prima a cena, poi a passeggiare per strade bellissime in una sera di fine estate. Ho ricordi caldi nel cuore di quella serata.
Alessandro, nonostante qualche delusione, non hai mai perso la tua ironia distaccata, il tuo sorriso, la tua curiosità per il mondo e per quella parte del mondo meno ricca e fredda. Ricordo ancora le tue parole sull’Afghanistan, dove eri già stato e dove speravi di tornare per lavorare e incontrare i tuoi amici. Amavi quei visi e quelle persone, perché dicevi che erano vere, semplici, ma aperte.
Avevi vissuto tanti anni in Paesi che conosciamo poco e solo con i filtri dell’informazione occidentale. Mi divertiva confrontarmi con te sulla Siria, l’Ucraina o l’Afghanistan. Avevi sempre una visione lucida, partecipe e dalla parte delle persone semplici del posto.
Pace, fratellanza, vita. Non eri ingenuo né schierato, ma avevi voglia di conoscere e speravi sempre che la serenità potesse essere a portata di tutti.
Raramente ho trovato intelligenze così piacevoli, lucide, ironiche, umili. Per questo oggi sto così male.
Avevi voglia di farmi conoscere tua moglie, il tuo amore, Aigerim. Così l’avevi portata a cena con noi. Ti avevo conosciuto già sposato, tanti anni fa. Sempre con classe e poche parole, seppi del divorzio. Quando conoscesti Aigerim, sentii dalle tue parole che ti eri innamorato perdutamente. Ne fui felice. La scelta di condividere i momenti buoni e quelli cattivi in giro per il mondo, con e senza lavoro, è stata la dimostrazione di quanto foste anime gemelle.
Aigerim fu una sorpresa per me, quella sera. Una ragazza bellissima, semplice e intelligente. Aveva un garbo e un’eleganza che mettevano a proprio agio, misurò con maestria la sua presenza, lasciando a noi – che non ci vedevamo da un po’ – gli spazi di cui avevamo bisogno. Mi raccontò delle sue aspirazioni, del suo corso completato a Milano per il mondo della moda, del suo Kazakistan.
Era lieve e soave come te. Ero stato felice di lasciarvi quella sera e vedervi andare via assieme.
Porca puttana Ale, perché proprio a te?! Non mi ha alleviato il dolore sapere, confusamente, cosa ti è successo. Penso sia stato terribile, lungo, spaventoso. Penso abbiate capito perfettamente cosa vi stava succedendo. Per mano di ottusi e stupidi terroristi, piaga di questi anni in tutto il mondo.
La sola idea di uccidere in nome di un fantomatico Dio, secondo me, è folle. Te lo dice un ateo, come eri tu. Ognuno creda in ciò che vuole, ma non pensi di potersi armare in nome di ciò che crede. Perché stronca persone migliori di sé. Perché rende un posto peggiore questo mondo, togliendogli le menti più vivaci, intelligenti e capaci di dare un senso anche alle follie quotidiane.
In questo momento però avrei voglia di ucciderli tutti. Cosa orribile, lo so.
Alessandro e Aigerim, addio.
15 Maggio 2015 alle 15:43
Grazie, ci mancherà.
Come ha detto un amico che conosceva Sandro da sempre: “il Sandro era il Sandro”, ti ringrazio per verlo ricordato in questo modo.
Mondo infame.!
RA
17 Maggio 2015 alle 19:41
Ciao ragazzi e amici del comune amico Alessandro, non mi conoscete sono Marco Tacchini Gallagher e sono un suo amico recente ed ero vicino di casa quando era tornato a Bergamo… Spesso ci facevamo compagnia dopo cena con Alessandro e lo immagino da qualche parte .. Nel mondo… Spesso in mondi difficili, con realtà’ reali… È’ stato un feeling speciale fin dal primo momento e cercherò’ di preservare nel mio cuore e nelle mie idee l’energia nella ricerca che mi faceva sentire vicino ad Alessandro e Aigerim! Aveva e ha tante persone ed anime che nel mondo lo sentono e chiudendo gli occhi ci parlano…
Grazie che ci siamo incontrati!
Marco Tacchini Gallagher
Marcotacchini@hotmail.com
8 agosto 2015 alle 11:28
thanks Roberto. These and other pictures tell so much about Sandro and his love for the people of Afghanistan and for Aigerim. A true man of the world.