Il Blog di Lebowsky

"Tiente largo, ma datte 'n limite" (cit. M. Paolini)


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Informazione e giornalismo

Dopo lo scoop di pochi giorni fa del Washington Post che pubblicava in Rete e su carta il dossier Top Secret America, ecco che altre testate, tutte assieme e contemporaneamente, pubblicano 92.000 documenti segreti sulla guerra in Afghanistan messi a disposizione da Wikileaks.

Sono il New York Times, il Guardian e lo Spiegel. Forse stavolta se ne parlerà anche sui Tg italiani, che di Top Secret America se ne erano beatamente fregati. Le reazioni delle istituzioni americane non si sono fatte attendere e le rivelazioni numerose ed in alcuni casi eclatanti spero saranno riprese per molto tempo dai media, anche italiani.

Qui un paio di estratti freschi freschi: ilPostCorriere.it.


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Remembering Namir Noor-Eldeen

Alla fine non ce l’ho fatta a non parlare del video che circola in questi giorni, video negato dagli Usa e infine arrivato ai media da vie non ufficiali (per fortuna). E’ lo schifo della guerra, certo, ma certe frasi fanno pensare che ci siano derive dell’animo umano e degli apparati militari ingiustificate e ingiustificabili e che pure si è tentato di coprire in ogni modo. E allora, un bell’articolo su un blog del NYT su uno dei reporter uccisi dai militari americani.


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United States of Pakistan

dal Corriere di oggi, un estratto da pagina 44:

“In Pakistan, adesso, Washington si trova dinanzi a una situazione senza via d’uscita. E’ il risultato di una politica che l’America ha per molto tempo fondato su un’incrollabile fiducia nella sua forza militare, alla quale si è accompagnata l’ignoranza della realtà strategica, della cultura e della psicologia della regione. […] Gli Stati Uniti vogliono un Pakistan compiacente, che esegua con diligenza la parte che la loro visione egemonica nella regione gli assegna. Perciò gli attuali appelli per la democrazia sono frutto del panico e appaiono vuoti, dopo sei anni di sostegno alla dittatura di Musharraf.”

Graham E. Fuller, ex vice-presidente del National Intelligence Council della Cia


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Errare humanum est, perseverare autem diabolicum

Uso la locuzione latina credo a ragione: in Pakistan la situazione sta degenerando, il presidente Pervez Musharraf fa il generale (qual’è), decreta lo stato d’emergenza e cancella con un colpo di spugna le pur poche libertà vigenti (inclusa quella di stampa, dopo l’irruzione della polizia nella tipografia che stampa uno dei giornali più venduti del Paese.

Ma non mi riferisco a Musharraf… semmai agli Usa, che hanno alimentato a soldi e potere ancora una volta una persona che diverrà prima o poi un nemico. Hanno sostenuto per convenienza una dittatura. Ora scandalizzarsi, serve a poco.


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Mamma li Turchi

Sono anni che sentiamo parlare di una Turchia europea o meno. Parliamo in linea di massima di interessi economici, come sempre, contrapposti a motivazioni etiche. I primi a questo mondo, tendono a vincere. Nonostante questo la Turchia non è ancora stata ammessa nella Ue e penso sia ad oggi una piccola vittoria dei principi etici e democratici.

Non è il caso di gridare al mostro, ma va da sé che per fare parte di un’unione occorra anche accettarne la visione, le regole e le leggi. Altrimenti si campa lo stesso, ma si sta fuori o si cerca un consesso più vicino ai propri principi. Buffo dunque vedere un Paese che ripete ad ogni momento di voler entrare in Europa che poi dà continui segni di insofferenza quando si toccano argomenti delicati come i diritti umani e il genocidio armeno.

Assurdo anzi che protesti e minacci: l’anno scorso contro la Francia ed oggi contro gli Stati Uniti. Trattasi di genocidio ed è ridicolo affibiargli l’etichetta di danno collaterale della prima guerra mondiale. Le minacce economiche e politiche (negare l’uso delle proprie basi militari in un’area delicatissima) avranno la meglio sui principi, anche stavolta?

Forse. Intanto godiamoci un poco i mal di pancia turchi… che a volte occorre prendere le briciole di una giustizia spesso assente.

Qui un gran bell’articolo (fonte Osservatorio Iraq).


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Acqua sporca

A me il nome Blackwater fa venire in mente solo acqua sporca, nera o – alla romana – zozza. Buffo considerando che è il nome di una compagnia di mercenari (non usato in senso spregiativo, sia ben chiaro) Usa oggi accusata dal governo iracheno di violenza gratuita. Per la prima volta anzi ne viene richiesto l’allontanamento dal suolo iracheno, la consegna di alcuni suoi membri ai tribunali locali e un rimborso economico per le vittime dell’ultima strage.