Il Blog di Lebowsky

"Tiente largo, ma datte 'n limite" (cit. M. Paolini)


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Altro che Waterloo

Kevan Gosper e la pessima uscita sulla stampaIn confronto al manager Tim che ribalta la storia a suo piacimento, chi deve veramente vergognarsi è Kevan Gosper, responsabile delle comunicazioni del Cio (Comitato Olimpico Internazionale).

Cito dal Corriere.it di ieri:

“Queste persone non fanno altro che riversare il proprio odio su qualunque questione sia in voga e tutto questo odio contro il Paese ospitante ora si riversa sulla torcia”.

E ancora, ha definito i manifestanti “guastafeste professionistiche non hanno alcun rispetto per gli sforzi compiuti dalla Cina per organizzare i Giochi.

“Gli organizzatori dell’Olimpiade cinese hanno dovuto affrontare un mucchio di problemi per mettere in piedi una delle più grandi Olimpiadi di tutti i tempi e questi guastafeste sono troppo pieni di odio e di rancore per preoccuparsene”.

Personalmente di queste affermazioni mi vergognerei. Allo stesso tempo non mi interessa quali sforzi la Cina ha compiuto a livello organizzativo se non risponde allo spirito olimpico. Con questo concetto allora il colonialismo è stato ineccepibile, visti gli sforzi che i colonizzatori hanno compiuto nel costruire strade e ferrovie…

Il signore qui sopra forse rappresenta fin troppo bene col suo ghigno il peso degli interessi economici che hanno portato alla scelta di Pechino per le Olimpiadi 2008 e quanto questi siano e saranno sempre superiori agli interessi umanitari che da mezzo mondo in questi giorni stanno rivendicando la fine delle violenze in Tibet.

Forse sperano che col fischio d’inizio tutto venga dimenticato. Io ancora ho nello stomaco e nella testa le immagini della Birmania, dove nulla è cambiato. Per ora.


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Natale buono? Bah…

La notizia appresa poche ore fa della morte di Benazir Bhutto in Pakistan, alla vigilia delle elezioni presidenziali già così difficili e piene di morte, atti unilaterali e interessi, mi ha scosso profondamente. Non che considerassi la Bhutto la soluzione ai problemi o una persona al di sopra di qualsiasi sospetto. Il fatto è che è l’ennesima notizia infausta che insanguina il Pakistan e il Mondo. E’ l’ennesima persona morta per la politica. Per dire la propria. Per un confronto che dovrebbe essere solo verbale.

Ecco, questo fa il paio col silenzio assordante della Birmania, coi bambini che sniffano colla negli slum kenyoti (o ovunque altrove a parità di condizioni), coi rospi che il 26 dicembre non trovano di meglio che fare se non ricattare un governo per interessi del tutto personali, che aggiungono inutili parole alle troppe già spese. Con le finte o vere elezioni russe, sbagliate a prescindere dai risultati. Con tutta questa montagna di merda cui ci stiamo abituando. Ormai il naso è assuefatto all’odore. Tra poco inizieremo anche a mangiare… e diremo, ci scommetto, che buona questa merda.

Così, la scelta di fare quest’anno come regali solo donazioni a onlus o enti fidati che lottano contro una situazione di fatto, mi pare una goccia nel nulla, un gesto quasi inutile. Almeno oggi, che prevale lo sconforto.

Non servirebbe nemmeno esser tutti santi. Basterebbe esser solo uomini…


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Diritti umani e democrazia

Il riconoscimento dei diritti umani anche più basilari è oggi chimera in molte parti del mondo. Ci sono Paesi che non sono democratici e che reprimono (vedi Birmania); Paesi che non sono democratici ma sono in qualche modo riconosciuti ed accettati dalla comunità internazionale che poi al dunque mostrano il lato peggiore del potere (vedi Pakistan oggi, con arresti di massa alcuni eccellenti); poi ci sono quei Paesi che sono tanto democratici da volerla esportare la democrazia, come gli Usa, peccato poi leggere per puro caso, un documento come questo.


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Bastone (tanto) e carota (poca)

Dopo le immagini scioccanti dei monaci ormai cadavere dopo la violenta repressione in Birmania, nessuno spiraglio o speranza in Birmania. E’ una dittatura e come tale, non prevede né democrazia né buonsenso… ora siamo alle minacce, dirette ai monaci di non organizzare ulteriori manifestazioni, alle restrizioni, per esempio della rete Internet, all’espulsione del massimo rappresentante Onu nel paese.

Un gesto arrogante. A dire che i giudizi internazionali non contano nulla o quasi.

Considerando la copertura colpevole e indegna di paesi come Cina e Russia al regime, non pare atteggiamento privo di senso, però.


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Birmania, voci e immagini

Ci sono persone coraggiose che sfidano la morte, birmane o occidentali, per far conoscere a tutti noi l’orrore che continua a consumarsi ad est. Ogni giorno potete controllare su YouTube per vedere i video catturati magari con un cellulare, semplicemente cercando con la parola Burma. O leggere ovunque, meglio su GoogleNews, cosa succede da voci raccolte da quotidiani e agenzie stampa (come la notizia riportata oggi da Corriere.it sulla cremazione di massa delle vittime della repressione, per validare l’equazione niente corpi niente morti).

Vedere, ascoltare e non dimenticare. Mai. Né accettare, nel momento in cui speriamo prevarrà la democrazia, che gli autori di una strage possano farla franca. Sarebbe una seconda ingiustizia intollerabile (e troppo finora abbiamo tollerato, in un Mondo dove un Pinochet non ha scontato in Cile nemmeno un giorno di prigione).


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The sound of silence

Birmania. Dopo il clamore delle immagini e i racconti concitati dei giorni scorsi, ora un silenzio assordante sta mietendo vittime. Il silenzio della repressione senza osservatori internazionali, senza cronaca e senza reporter.

Un’epurazione in pieno stile “regime”: deportazioni, gulag, arresti e morti, terrore. Non so cosa farà l’Onu, l’Ue o i singoli stati. So che nel nostro piccolo possiamo riempire questo silenzio, appoggiando una causa, con parole, pensieri, gesti. Non lasciando il silenzio vincere sui media o nelle nostre teste: ciò che non sentiamo non necessariamente non esiste.


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Myanmar

In Myanmar (che non si capisce per quale motivo i giornali continuino a chiamare Birmania) è scoccata l’ora del regime, della violenza e della forza brutale ed ingiusta contro chi ha osato protestare. Lo sapevamo anche se tutti, credo, abbiamo confidato in un prologo diverso. E’ venuta l’ora non solo dei monaci, ma anche dei giornalisti ovvero di quell’occhio scomodo capace di testimoniare la follia di una repressione cieca.

All’estero sdegno e parole di condanna. Ma qui, nessuno muoverà un dito. Cina e Russia hanno già fatto ricorso al loro potere in Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dimostrando ancora una volta come tale istituzione e i suoi meccanismi siano non più adatti ai tempi e da rifondare.

La cosa più triste è che oggi, anno 2007, al Mondo si debba assistere ancora a certe immagini. E’ tale il senso di ingiustizia che si percepisce che – se la storia non avesse dimostrato tragicamente il contrario in altre occasioni – ci si augurerebbe una rivoluzione vera e propria, a rimuovere militari e capo dello stato in un sol colpo riportando democrazia e giustizia.