Sono tornato ormai da un mese dall’Africa, appieno già affogato nei ritmi occidentali e – ancora più che occidentali – a quelli del lavoro nella nostra biùtiful cauntri. E ancor più che quelli del lavoro, a quelli del comparto IT e delle vendite. Tra lavoro e vita, in conclusione, una continua rincorsa che lascia poco tempo alle passioni, alle riflessioni, al “succo”.
Ogni tanto poi ti fermi cinque minuti, per un motivo più o meno importante, per un pensiero, un lutto o una difficoltà temporanea, e focalizzi quanto siamo buffi e stupidi. Tanto più stupidi quanto più queste corse non portano a nulla! Ad esempio, lavori anni, ci metti tanto impegno, in alcuni casi ottieni risultati in altri no, ma tra imprevisti e caro vita, alla fine non stringi molto e basta un soffio di vento per scoprirti il culo.
Viviamo in una società dove lavori per vivere, ma non basta quanto lavori o come lavori. Vivere costa di più. O meglio, costa lo stesso e così non accantoni e non sei pronto al vento avverso. Anche quando non sprechi, quando non sei fagocitato dal consumismo, non riesci comunque a mettere da parte abbastanza da garantirti una vera tranquillità, a te e alla tua famiglia.
Allora forse ha senso il comportamento africano: vendo oggi quanto mi basta a mangiare, mentre domani è un altro giorno. Però così non mi stresso, non cerco il surplus, mi limito all’essenziale. O almeno questo è quello che sei portato a pensare dal comportamento delle aziende con cui ti confronti per lavoro e dalla situazione di precarietà che vivi.
Quale è la vostra situazione?