Sabato scorso sono andato ad ascoltare il panel “Di cosa parliamo quando parliamo di Africa” al Festival del Giornalismo di Perugia, edizione 2015. I relatori sembravano interessanti e l’argomento anche, se rapportato a come i giornalisti occidentali raccontano questo continente di 54 differentissimi Paesi.
Moderatore, Abdou Souleye Dio. Ospiti, Fatou Bensouda, procuratore capo della Corte Penale Internazionale, e Robert Kabushenga, CEO di The Vision Group. Mentre la Bensouda ha avuto il pregio di raccontare in modo puntuale e corretto ambiguità e verità del continente africano, Kabushenga ha avuto un approccio allo stesso tempo osannante sulla nuova Africa e il suo futuro, e negazionista sui problemi che ancora permangono.
Se vedete il video, noterete questa tipica spocchia che fa male in primis agli africani. Comprendo la voglia di rivincita e il fastidio verso noi occidentali che abbiamo saccheggiato in lungo e in largo quella terra, giocando con le loro etnie per scopi di potere e ricchezza, noncuranti dell’odio che nei secoli è cresciuto e ha provocato genocidi e massacri. Ma se non si riconosce la verità, non è possibile nemmeno affrontarla.
Alle domande – spesso mal poste, che miseria l’attuale giornalismo! – le risposte non sono state dialoganti ma sprezzanti.
La prima domanda post sessione era legata agli investimenti cinesi in Africa ed alla loro sostenibilità sia sociale che ambientale. Risposta che non risponde ed attacca, frontalmente. Oggi poi leggo questo articolo molto completo e che conferma informazioni che avevo anche direttamente:
PERCHÈ LA CINA STA COSTRUENDO CITTÀ FANTASMA IN AFRICA?
Quanto sarebbe più salutare un approccio pragmatico e aperto, da ogni parte?