Il Blog di Lebowsky

"Tiente largo, ma datte 'n limite" (cit. M. Paolini)


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Arrivano i bot…

Fresco fresco su Linkedin Pulse:

Nelle ultime settimane sono iniziate sperimentazioni d’uso da parte dei marketers via via più serrate, di Telegram con i suoi canali (vedi il canale @Eniday) e con i suoi bot. Lo stesso avverrà per Facebook Messenger, fresco fresco di annuncio da parte di Zuckerberg, che coi suoi numeri è una piattaforma ghiotta per molti.

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Cosa sono i bot? Non sono i buoni ordinari del Tesoro cari ai nostri genitori e nonni… Wikipedia.it li definisce così:

Il bot (abbreviazione di robot) in terminologia informatica in generale è un programma che accede alla rete attraverso lo stesso tipo di canali utilizzati dagli utenti umani (per esempio che accede alle pagine Web, invia messaggi in una chat, si muove nei videogiochi, e così via). Programmi di questo tipo sono diffusi in relazione a molti diversi servizi in rete, con scopi vari ma in genere legati all’automazione di compiti che sarebbero troppo
gravosi o complessi per gli utenti umani.

Nei paesi anglosassoni, con “Bot” s’intende un programma autonomo che nei social network fa credere all’utente di comunicare con un’altra persona umana. Questi bot migliorano di anno in anno ed è sempre più difficile distinguere un bot da una persona umana.

Si aprono dunque scenari molto interessanti di interazione tra user e brand, dove le prime interazioni immediate a richieste specifiche degli utenti, potranno essere soddisfate in via automatica dai bot stessi. Cosa più interessante, le risposte sono messaggi richiesti esplicitamente dai singoli utenti e dirette solo a loro.

Penso al Customer Care come anche a situazioni più banali. La più banale di tutte, un ristorante. Con un bot Telegram posso chiedere qual’è il menu del giorno e vedermi rispondere in 1 secondo, magari con call to action al fondo per prenotare direttamente un tavolo. Ribadisco, esempio banale ma utile a capire quanti altri, dai più banali ai più complessi, possono essere immaginati e tradotti in realtà nel giro di pochi mesi.

fb-bot

Trovo molto stimolante questo scenario.

Dopodiché, mi faccio alcune domande che giro anche a voi. In un primo momento ci iscriveremo a molti canali, avidi di informazione e per sapere come funzionano. Apriremo cioè nuovi punti di contatto dei brand con noi stessi e saremo allertati dunque da più notifiche, su più applicazioni e su tanti device diversi (anche se la convergenza ci dimostra come lo smartphone sia ormai al centro del nostro mondo). Per uno che ha silenziato tutte le notifiche sonore sul proprio telefono (!), il rischio è di un rumore di fondo tale da prestare sempre meno attenzione alle informazioni che ci interessano davvero. A noi, saper utilizzare gli strumenti che abbiamo a disposizione. Perché non è colpa del telefono se al ristorante una coppia passa metà del tempo a leggere uno schermo invece che a parlarsi… quello è perché è una coppia di pirla e basta! 😉

Sport Communication


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Lo sport, tolto il calcio, comunica?

Ho scoperto che se la comunicazione in ambito digital è ormai QUASI matura per il business tradizionale (ed il quasi maiuscolo non è un refuso!), nello sport siamo ancora alla preistoria o quasi. Tolto il calcio, che la fa da padrone nei budget e nella professionalizzazione della comunicazione con alcune forti concentrazioni in agenzie specializzate, gli sport minori nella stragrande maggioranza dei casi sono affidati a pochi volenterosi.

Società sportive piccole e medie gestiscono direttamente i propri siti web e i propri canali social, tramite freelance “omaggianti” il proprio lavoro o tramite risorse interne che si “prestano” a questa mansione. Campioni e atleti, o sono giunti al top, o più spesso affidano ad amici o parenti l’onere. Il risultato è un approccio poco strategico e molto tattico, discontinuo e con basse performance.

Così, quando un amico mi ha proposto di condividere un’esperienza in questo micro-mondo, ho subito accettato, considerando la sfida interessante e curiosa. Sport Communication è un nuovo sito, alimentato costantemente con notizie sportive, ma soprattutto un’agenzia specializzata in ufficio stampa, digital marketing e personal branding per lo sport.

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Banner IAB Forum 2014


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IAB Forum 2014, un lento declino

Anche quest’anno sono stato allo IAB Forum a Milano. Alcuni anni li ho passati dietro agli stand, altri li ho vissuti da visitatore. Ciò che vedo è una formula che funziona sempre meno, un declino costante ed inesorabile dell’evento per interesse e presenze qualificate.

Siamo passati dagli anni d’oro dove non bastavano quasi due piani del Mi.Co. (Fiera Milano City) per contenere espositori e stand, all’ultimo nel quale un piano era fin troppo e palesava una presenza per quantità e qualità imbarazzante. Da un paio d’anni almeno sono fuggiti i grandi brand che prima colonizzavano con i loro stand scintillanti la Fiera (Banzai, Rai, Microsoft, Google, Yahoo!, ecc.), importanti ed imponenti ma che non necessariamente facevano bene alle agenzie del settore meno famose. Ora però stanno fuggendo anche le agenzie o i player piccoli ma di qualità. Quest’anno ho notato una forte presenza di stand legati a soluzioni software e tools marketing. Pochissime agenzie di comunicazione o di marketing. Tanti detentori di database marketing o concessionarie di medie-piccole dimensioni. Sono però una fetta piccola assai del settore, una fetta nient’affatto rappresentativa.

Parlando con i colleghi presenti e quelli assenti, è venuto fuori come oramai non siano più bilanciati costi e benefici (costi molto elevati, non recuperabili commercialmente con i pochi prospect veri che si incontrano all’evento). Come la nuova organizzazione non consenta alcuna personalizzazione degli stand, che in una fiera della comunicazione fa anche un po’ sorridere… ed in ogni caso rende il piano espositivo monotono e noioso. Come sia più interessante acquistare lo spazio di uno speech piuttosto che “gettare” via budget importanti per pochi metri quadri.

Così, IAB Forum è diventato un appuntamento autoreferenziale per noi del settore, dove si va per salutarsi tra colleghi e competitor o per ascoltare quale speech interessante. Dei marketing manager aziendali che conosco e che ho sentito dopo la data, nessuno ha deciso di passarci anche solo un’ora quest’anno (complice anche il calendario, così vicino alla fine d’anno e ai budget già pianificati in alcuni casi).

Ritengo sia un peccato. Però, non spenderei oggi un euro come azienda per avere uno stand nella due giorni milanese.

IAB dovrebbe ripensare del tutto l’evento, ma forse anche la propria struttura, oggi più politica che operativa. E’ imbarazzante ricevere pressioni da tante agenzie per l’elezione di uno dei membri del Consiglio Direttivo… Fortunatamente, non mi spettava il voto quest’anno, avendo deciso di non rinnovare la quota associativa. E’ il segno però di un mutamento che non ha giovato e che dovrebbe portare non ad incensarsi sui numeri delle presenze, ma valutare ascoltando i propri associati, se sono soddisfatti o no dell’evento com’è oggi. E con gli associati, ridisegnarlo con coraggio affinché torni ad essere una piazza di confronto interessante per tutti gli attori.

Questo è un mio giudizio personale. Sarei però curioso di avere altri riscontri e pensieri da voi.

Burocrazia idiota


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La burocrazia idiota: la comunicazione IES annuale

Questa mattina mi è arrivata la mail dell’Agcom sulla Comunicazione IES annuale. Di che si tratta? In pratica chiunque raccolga pubblicità on line, deve compilare un modulo PDF editabile ed inviarlo entro settembre all’Authority, dichiarando volumi, canali, ripartizioni della raccolta pubblicitaria. Chi è tenuto a presentarla? Secondo loro, “tutti i soggetti che operano nel settore dei media“. Siccome sono magnanimi, specificano meglio:

“In particolare, i soggetti obbligati sono gli operatori di rete, i fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici, i fornitori di servizi interattivi associati e/o di servizi di accesso condizionato, i soggetti esercenti l’attività di radiodiffusione, le imprese concessionarie di pubblicità (ivi compresi i soggetti che esercitano attività di pubblicità on line e pubblicità cinematografica), le agenzie di stampa a carattere nazionale (ivi compresi i soggetti i cui notiziari siano distribuiti in abbonamento, a titolo oneroso, qualunque sia il mezzo di trasmissione utilizzato, ad almeno un editore a carattere nazionale che realizzi un prodotto ai sensi della legge n. 62 del 2001), gli editori, anche in formato elettronico, di giornali quotidiani, periodici o riviste, altre pubblicazioni periodiche ed annuaristiche e altri prodotti editoriali (art. 2, co. 1, della delibera n. 397/13/CONS).
Quindi, anche quest’anno, tutti i soggetti che, direttamente o indirettamente, raccolgono pubblicità on line sono tenuti alla comunicazione annuale alla IES.”

Se non si vuole andare a cavillare sui termini, tocca praticamente a tutti. Con un’eccezione che non è tale:

Sono esentati dall’obbligo dell’invio della comunicazione i soggetti che, nell’anno di riferimento, abbiano realizzato ricavi totali […] pari a zero euro.

Gestite due piccoli clienti che investono su Google AdWords e Facebook Ads diecimila euro l’anno? Dovete fare la dichiarazione. Ne gestite duecentomila per un solo cliente, sempre su Google AdWords? Dovete farla. Non avete una contabilità predisposta, con voci di ricavo/spesa verticali e che vi consentono di estrarre dal gestionale queste informazioni in un colpo solo? Bene, andatevi a riprendere tutte le fatture attive e passive dell’anno ed iniziate a fare di conto.

Eppure lo Stato ha già tutte queste fatture, ma soprattutto chiede già alle grandi concessionarie, che lo fanno di mestiere, quanto raccolgono, come, da chi. Perché deve viziosamente e con sadismo, far perdere tempo prezioso a piccole e medie agenzie, che offrono solo servizi di consulenza e che in qualche caso fanno intermediazione tra clienti finali e concessionarie/editori? Trovo questa dichiarazione così allargata, una pura idiozia in termini. Inutile ai fini del controllo e noiosa per chi ogni giorno lavora e produce in uno Stato che tenta con incredibile costanza di demotivarti e spingerti ad abbandonare la sfida.

Lo scorso anno, dopo averla compilata e inviata, fui pure richiamato per errore in quanto l’agenzia non risultava aver rispettato i termini ed inviato la dichiarazione. Santa PEC, dimostrai che era stata inviata ed era stata inviata nei termini. Con queste sviste macroscopiche, che fiducia debbo avere che i dati raccolti avranno un seguito e un beneficio per tutti noi?

Se vogliamo uscire dalla crisi, credo dovremmo essere estremamente concreti e togliere a chi ha ancora il coraggio di fare impresa, molti di questi inutili adempimenti. Siano richiesti a chi ha struttura e mezzi per garantire un flusso dati anche continuo, ma non alle piccole agenzie.


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Privacy e biscottini

Avete notato come ultimamente molti siti web mostrino una barra in sovrapposizione in cui si dànno indicazioni sull’uso dei cookies e dei dati che questi raccoglieranno durante la nostra navigazione? Ciò discende da alcune normative europee (alcune approvate, altre in via di definizione) che hanno giustamente posto l’accento sulla raccolta dei dati di navigazione degli utenti Internet, spesso ignari e inconsapevoli. Chi naviga su un sito web, lascia tante informazioni che i gestori dei siti stessi raccolgono, analizzano, nel peggiore dei casi rivendono.

I cookies sono utili per buona parte di noi anche come utenti: atterrare sul nostro sito web di e-commerce preferito e trovare già la home page in italiano, dei suggerimenti per gli acquisti in base alle nostre abitudini o alle precedenti navigazioni o a carrelli abbandonati il giorno prima, ecc. Sono utili anche per i gestori dei siti web, che grazie ai dati raccolti possono inserirci in cluster sempre più precisi e definiti e dunque darci ciò che vogliamo, come lo vogliamo, nel momento opportuno. Come sempre, ogni strumento può essere utilizzato più o meno correttamente, dunque l’attenzione del Garante della Privacy è corretta e dovuta.

Quello italiano ci sta mettendo un po’ di tempo, ma leggo oggi che pare abbia finalmente interiorizzato parecchi consigli di settore che le varie associazioni, a partire da IAB, hanno saputo fornire.

Innanzitutto la distinzione tra cookie tecnici (di navigazione, di sessione, di funzionalità o di web analytics) e cookie di profilazione.

I primi non dovrebbero avere bisogno di preventiva accettazione da parte degli utenti. Diverso il caso dei cookie di profilazione: gli utenti dovranno essere adeguatamente informati sull’uso degli stessi e dovranno prestare il loro consenso informato.

Secondo punto interessante, la responsabilità degli editori per i soli cookie di proprietà. Se ospito banner o elementi terzi che utilizzano cookie, io come editore non avrò responsabilità diretta per il loro uso, responsabilità che avranno i titolari degli elementi terzi stessi ospitati nel mio sito. Non è uno scarica barile, ma l’accettazione che il singolo operatore non può essere gendarme sia per limiti di controllo che può operare, sia – in alcuni casi – per limiti tecnici e di expertise.

Sicuramente l’editore dovrà prevedere un banner di idonee dimensioni contenente la prima informativa breve e link a quella estesa. In quella breve dovrà indicare:

  1. l’indicazione del fatto che il sito utilizza cookie di profilazione al fine di inviare messaggi pubblicitari in linea con le preferenze manifestate dall’utente nell’ambito della navigazione in rete;
  2. che il sito consente anche l’invio di cookie “terze parti”;
  3. il link all’informativa estesa;
  4. l’indicazione che alla pagina dell’informativa estesa è possibile negare il consenso 2 all’installazione di qualunque cookie;
  5. l’indicazione che la prosecuzione della navigazione mediante accesso ad altra area del sito o selezione di un elemento dello stesso (ad es. di un’immagine o di un link) comporta la prestazione del consenso all’uso dei cookie.

L’informativa estesa invece (cito documento IAB):

L’informativa estesa deve descrivere le caratteristiche e le finalità dei cookie installati dal sito e consentire all’utente di selezionare/deselezionare i singoli cookie.

All’interno di tale informativa deve essere inserito anche il link aggiornato alle informative e ai moduli di consenso delle terze parti con le quali l’editore ha stipulato accordi per l’installazione di cookie tramite il proprio sito.

Qualora l’editore abbia contatti indiretti con le terze parti, dovrà linkare i siti dei soggetti che fanno da intermediari tra lui e le stesse terze parti, o su unico sito web gestito da un soggetto diverso dall’editore.

Nell’informativa estesa deve essere richiamata la possibilità per l’utente di manifestare il proprio consenso anche attraverso le impostazioni del browser, anche prevedendo un collegamento diretto.

Il consenso deve essere registrato dall’editore.

Sono previste delle sanzioni amministrative:  in caso di omessa informativa o d’informativa non idonea, da 6.000 a 36.000 euro (art.161 del Codice); in caso di installazione dei cookie senza preventivo consenso,  degli stessi comporta la sanzione da 10.000 a 120.000 euro (art. 162, comma 2-bis, del Codice); in caso di omessa o incompleta notificazione al Garante, infine, da 20.000 a 120.000 euro (art.163 del Codice).

C’è un anno per mettersi in regola (dalla pubblicazione in Gazzetta del 3 giugno u.s.).

Gmail Tabs


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Quanto pesano le nuove Tabs Gmail nelle aperture delle DEM?

Abbiamo analizzato dei dati e tirato alcune conclusioni sul blog di Masoko Digital e viene da pensare che la novità introdotta da Google abbia un suo peso rilevante nei principali KPI associati all’e-mail marketing, tanto più che in questi giorni molti brand che nelle DEM hanno una leva importante del proprio business online iniziano ad inviare messaggi ad hoc per chiedere ai propri utenti di configurare la propria Gmail affinché le loro comunicazioni siano recapitate nella Tab principale e non in quelle secondarie. Sarebbe interessante capire quanti utenti italiani hanno attivato le Tabs, nel frattempo. Buona lettura.


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Google Tag Manager

Sono pochi giorni che si parla di Google Tag Manager, nuovo tool di BigG utile a clienti ed agenzie per gestire in un unico pannello di controllo tutti i tag utilizzati per scopi di tracking e di marketing. Qui una breve descrizione e un video esplicativo.

Utile, comodo. Io però non sento di sbracciarmi serenamente e di incensare Google per un tool solo a favore di clienti ed agenzie.

Orwell and Google

Io ritengo che questo tool sia prima di tutto a favore di Google, perché in molti – data la posizione dominante del Motore di Ricerca sul mercato – non ottimizzeranno più on site i vari tag e codici, ma si concentreranno sul lavoro off site e sui vari tool che Google ha messo e metterà a disposizione nei prossimi anni.

Questo rafforzerà ancor di più la leadership di Google, nata dall’aver offerto il miglior prodotto sul mercato ma che oggi si perpetua grazie alla fidelizzazione degli utenti non solo e non più sul servizio core dell’azienda, la Ricerca, ma su servizi accessori e su politiche che definirei “scaltre”.

Tra poco sarà Google a dirci in che hotel andare, consentendoci di prenotare una stanza senza lasciare la SERP. Ci dirà come arrivarci e cosa fare attorno all’hotel, in quale ristorante mangiare, magari prenotandolo sempre dalla SERP. Ci farà vedere cosa c’è nei negozi in zona, addirittura sugli scaffali. E volendo, potremo comprarlo con Google Checkout…

Insomma, fa specie che ci siamo battuti una vita per la Privacy e contro i presunti monopolisti del mercato (vedi Microsft su cui si scagliarono tutti), per poi capitolare dietro ai sorrisi presunto-benevoli di Google.

Sarò una voce fuori dal coro, lo so.


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Perugia sempre più isolata

Vivo a Perugia. L’ho scelta per stabilirmici e costruire una famiglia. Apprezzo la sua qualità di vita, anche se ne riconosco i molti problemi; in ogni caso, sono felice di esserci, di farci crescere i miei figli e di contribuire con le tasse al suo sviluppo.

Come molti altri, però, mi trovo a viaggiare spesso per lavoro, perché di grandi clienti sul territorio regionale ce ne sono pochi e realtà come quella dell’azienda che dirigo, possono crescere e svilupparsi positivamente solo cogliendo le opportunità presenti su Roma o Milano o, meglio ancora, all’estero.

E qui viene il difficile. Perugia, capoluogo di Regione, città universitaria (con anche un’importante e riconosciuta Univesità per Stranieri), è in pratica isolata dal resto del mondo. Quasi sempre, debbo muovermi in auto, perché le alternative sono imbarazzanti.

Treni per Roma.

Al momento c’è un solo Eurostar Perugia-Roma nell’arco delle 24 ore. E non è diretto! Occorre cambiare a Foligno. Da Roma a Perugia, non c’e n’è ormai nemmeno uno. I collegamenti con Firenze sono diversi, ma di pessima qualità (regionali con materiale rotabile molto vecchio) e con orari non utili a raggiungere Milano in tempi utili al business.

Aerei per Milano.

Una volta coperti da Alitalia (con doppio code sharing, perché finivi per viaggiare con companie dell’est europa, in realtà), ora da Sky Bridge AirOps. Ma da qualche settimana, invece di voli giornalieri si è passati a voli trisettimanali. Dunque, per raggiungere Malpensa (non Linate!), devi necessariamente volare il lunedì, il mercoledì o il venerdì. Altrimenti, ciccia.

Aggiungerei che la notizia è presente solo nelle news del sito dell’Aeroporto di Perugia (pessimo) e non nel time table. Che sul sito del vettore si parla di tariffe a partire da 69 euro per tratta, quando in fase di prenotazione non le ho mai viste. Che l’aeroporto di Sant’Egidio è stato appena rinnovato ed anche bene, cosa che faceva immaginare un potenziamento delle rotte e non una loro riduzione.

Bus

Unica nota positiva, la linea Sulga, che copre la tratta Roma-Perugia con vari collegamenti di buona qualità. Ma è privata.

A questo punto chiedo a quanti vivono in Umbria se sentono come sopportabile questa situazione. Se non sarebbe la Regione stessa a dover garantire una mobilità adeguata ai propri residenti, garantendo al contempo uno sviluppo della Regione, delle sue industrie e delle sue aziende (pagando magari parte dei costi di servizio degli operatori aerei, purché presidino l’aeroporto in modo adeguato). Essere tagliati fuori dal mondo o peggio incentivare la mobilità su gomma, è anacronistico, miope e folle.

Ma non ci sono risposte, mai. E la situazione peggiora sempre.

Un vero fallimento delle giunte di sinistra dell’Umbria.


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IL SEO È MORTO! IL SEO È PIÙ VIVO CHE MAI!

Ovunque senti, si parla di disoccupazione, di crisi, di bassi salari e stage indecenti. Però…

pubblichi tre posizioni di lavoro in poche settimane, stanzi delle belle cifre per chi dovesse essere assunto, proponi costosa formazione a tuo carico (incluse certificazioni), fai girare sui tuoi social network e su quelli dei volenterosi amici le offerte, e succede poco o nulla.

Una miseria di risposte, come se nessun giovane fosse disoccupato o mal occupato.

Come se non ci fossero persone in giro che masticano di Web Analytics, di Html o di Community Management.

Pigrizia? Immobilità? Scarsa autostima? O solo carenza di risorse, tutti occupati e contenti?

Non credo a nessuna di queste risposte.

Chiedo dunque a tutti una mano: fate circolare le nostre offerte di lavoro. Vogliamo costruire un team di giovani talenti, capaci di scommettere con noi sul futuro, di fare la differenza, di cambiare il proprio giudizio sul mondo imprenditoriale fin qui conosciuto, magari.

Mandate il vostro curriculum, forza! 😉


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Sani cambiamenti

Non entro nel merito e nello specifico del nuovo governo Monti. Non è questo lo spazio per discuterne, non ne ho il tempo e non mi piacciono troppo le semplificazioni che da ogni dove si stanno sentendo. Se può esserci fiducia nella compagine assemblata, occorre anche sottolineare come sui singoli provvedimenti il voto spetterà sempre ai soliti disOnorevoli.

Sicuramente c’è grande soddisfazione nel non vedere i soliti volti e nel sentire un discorso di insediamento da professore universitario e non da politico. Pur amando la politica, non è possibile nascondere il fallimento di chi ci ha governato o ha fatto opposizione negli ultimi 20 anni. Un mix di incapacità, egoismi, tatticismi, avidità e immobilismo che ci ha portato ad un passo dal baratro economico, morale e sociale.

Si, perché ciò che occorre ora sono riforme improcrastinabili, che rendano equo questo Paese, taglino molti privilegi e ridiano fiducia, dignità e volontà di essere migliori ai singoli. Il decadimento di oggi è forse legato al pessimo esempio politico. Ma l’esempio politico è figlio di una base votante che commette gli stessi errori, cerca scorciatoie, vie preferenziali, privilegi.

Questo doppio vincolo va cambiato, per migliorare come nazione.

I furbi debbono pagare. Capire che l’onestà è più importante della furbizia, più sicura e redditizia. A tutti i livelli.

Chiudo con un inciso personale, ad esempio di ciò che dico: mi è appena arrivato il rapporto del mio ente previdenziale su una denuncia da me inoltrata ad inizio settembre, dopo aver scoperto con stupore che i contributi degli ultimi due anni non mi erano stati versati dalla ditta mandante. Fortunatamente, in modo saggio, avevo nel frattempo concluso l’esperienza.

Parliamo di cifre piccole, risibili. Cinquemila euro, più o meno.

Essendo cifre risibili, non ci sono difficoltà di liquidità contingente che possano consigliare ad un’azienda di andare in contenzioso prima ed in causa poi con un’ente previdenziale. Il precedente biennio fu sanato a posteriori, anch’esso. Molti TFR o provvigioni di colleghi sono ancora insoluti. Insomma, più che un caso sembra un approccio consolidato, deprecabile, dell’azienda.

Torna qui un argomento che mi ha portato ad imprendere nuovamente. Molte aziende mancano di etica e di rispetto per il lavoro. 

Al pari della politica, non è più tempo di stare alla finestra. Occorre rimboccarsi le maniche e dare il meglio di sé. Ogni giorno.

E se possibile, far chiudere le aziende che non stanno al gioco, che vendono fumo e rovinano il mercato ed il sistema 😉