La regola secondo me è:
quando sei a un bivio e trovi una strada che va in su e una che va in giù,
piglia quella che va in su.
È più facile andare in discesa,
ma alla fine ti trovi in un buco.
A salire c’è più speranza»
Tiziano Terzani
“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso.”
Marcel Proust, Il tempo ritrovato
Leggo che la maggioranza intende creare delle classi di inserimento nella scuola italiana, formate dai soli stranieri che abbiano difficoltà con la lingua italiana. Il fatto che la mozione abbia i natali dalla Lega, fa pensar solo male, ovvero che sia una scelta discriminatoria più che formativa. A leggerla così, fa quantomeno orrore come proposta.
Certo, non è facile vivere nel mondo di oggi e chi avrà visto La classe, ottimo film francese, avrà ancora più netta la sensazione di quanto sia difficile far convivere quotidianamente etnie diverse. Ma questa è la realtà, a questo andiamo incontro e ogni altra strada è tristemente sbagliata o inutile. Per cui integriamo invece di dividere, favoriamo politiche sociali eque verso tutti, italiani e stranieri.
Come chiusura, il testo di una delle ultime canzoni di Giorgio Gaber, sentita giust’appunto alla radio un’ora fa:
Io G. G. sono nato e vivo a Milano
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.Mi scusi Presidente
non è per colpa mia
ma questa nostra Patria
non so che cosa sia.
Può darsi che mi sbagli
che sia una bella idea
ma temo che diventi
una brutta poesia.
Mi scusi Presidente
non sento un gran bisogno
dell’inno nazionale
di cui un po’ mi vergogno.
In quanto ai calciatori
non voglio giudicare
i nostri non lo sanno
o hanno più pudore.Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.Mi scusi Presidente
se arrivo all’impudenza
di dire che non sento
alcuna appartenenza.
E tranne Garibaldi
e altri eroi gloriosi
non vedo alcun motivo
per essere orgogliosi.
Mi scusi Presidente
ma ho in mente il fanatismo
delle camicie nere
al tempo del fascismo.
Da cui un bel giorno nacque
questa democrazia
che a farle i complimenti
ci vuole fantasia.Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.Questo bel Paese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
è la periferia.Mi scusi Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po’ sfasciato.
E’ anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che è tutto calcolato
e non funziona niente.
Sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
Persino in parlamento
c’è un’aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.Mi scusi Presidente
dovete convenire
che i limiti che abbiamo
ce li dobbiamo dire.
Ma a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini.
Allora qui m’incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos’è il Rinascimento.Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.Questo bel Paese
forse è poco saggio
ha le idee confuse
ma se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio.Mi scusi Presidente
ormai ne ho dette tante
c’è un’altra osservazione
che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo è un teatrino.
Mi scusi Presidente
lo so che non gioite
se il grido “Italia, Italia”
c’è solo alle partite.
Ma un po’ per non morire
o forse un po’ per celia
abbiam fatto l’Europa
facciamo anche l’Italia.Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
per fortuna o purtroppo
per fortuna
per fortuna lo sono.
Spesso poi non lo è.
Però, ogni volta che lascio l’Italia anche solo per due o tre giorni, mi rendo conto che non abbiamo speranza. Una volta pensavo che una nuova classe dirigente sarebbe bastata, con un pò di tempo e di buona volontà comuni, a cambiare il nostro Paese. Ora anche l’annunciato annuncio di Uàlter Uéltroni, messo alle strette da chi da anni in fondo si sporca la faccia mentre lui se ne sta lontano (ufficialmente) dalle beghe di politica nazionale, non mi dà speranza alcuna.
Siamo noi italiani a meritarci questo Paese e questi politici. In fondo, è l’italiano medio che non vuole le riforme, l’abolizione dei privilegi (che prima o poi toccano anche lui), che non rispetta quei valori basilari di un viver civile, che attende sussidi, che è vittima di sé stesso. Dunque, parafrasando Moretti in Caro Diario, si merita questi politici e questa situazione. C’è poco da fare. Le file ci danno la nausea, il rispettare le regole la diarrea, esser furbi e ricchi pare l’unico valore residuo in una società impoverita come la nostra.
Così Madrid è l’ennesimo esempio di come la Spagna, fino agli anni ’80 in grosse difficoltà post-franchiste, in due decenni ci ha raggiunto e superato. Una metro efficiente e diffusa, musei gratuiti un giorno a settimana, lavori in corso continui per manutenere/migliorare la città, persone che fanno la fila per prendere l’autobus (senza tentare fischiettando di avanzare di una inutile posizione come avviene da noi), sciami di persone sorridenti che si incontrano in giro per tapas a tutte le ore, socializzando senza inutili fighetterie nostrane, i giornali non hanno tutti i giorni la foto del Papa in prima pagina, la stazione di Atocha colpita dagli attentati è ripristinata ed anzi un giardino botanico suggestivo riempie il corpo principale dell’edificio… La Spagna, non la Svezia.
E noi siamo sempre qui, al palo. Che vien voglia di fare i bagagli ed emigrare.
Giorgio Gaber, Wittgenstein (testo del 1984):
Eh sì, effettivamente, dobbiamo dire, va detto che negli altri Paesi funziona tutto meglio che qui da noi. Ci vuole anche poco, voglio dire!
È perché gli altri sono più seri. Ecco, si impegnano, fanno sacrifici per migliorare. Perché loro credono nell’organizzazione, nelle responsabilità collettive. Voglio dire, i francesi credono alla Francia, gli americani credono all’America. Ci credono, ecco.
Basta andare all’estero, si respira subito un’altra aria, Anche in Svizzera, per dire!
Eppure mi hanno raccontato un aneddoto curioso, vero pare, e riguarda il famoso Wittgenstein, grande filosofo, grande uomo di cultura, tuttologo.
Ecco, questo Wittgenstein pare che tornasse in treno con il suo assistente, sì, pare che tornasse a casa dopo aver terminato il suo ultimo lavoro, un’opera decisiva, il “Tractatus”, che faceva il punto su tutta la filosofia… faceva il punto. Anni di studi, anni di ricerche, anni di saggi, fine del lavoro e meritato riposo. Niente, scompartimento, grande silenzio, a un certo punto pare che il suo assistente abbia chiesto: “Mi scusi, professore, come spiega lei il gesto che fanno gli Italiani?”.
Wittgenstein pensa un attimo poi sbianca in viso: “Porca miseria, devo rifare tutto da capo!”.
Sì, evidentemente c’era qualcosa che non gli tornava. Non riusciva a capire l’atteggiamento, e nemmeno l’allegria degli italiani, proprio loro così incapaci di organizzarsi, incapaci di far funzionare la vita, incapaci persino di farsi un governo.
Ma Wittgenstein era uno scienziato. Forse avrebbe dovuto andare dall’altra sponda dell’intelligenza per afferrare il mistero dell’incapacità consapevole e sublimata…
Non c’è niente da fare. Debbono aver perso completamente la trebisonda. Debbono aver paura di perdere “mercato”, forse. Certo è che le parole ultime del Vaticano sui Pacs sono deplorevoli, giganti, stupide. Se i Pacs fossero davvero l’eclissi di Dio, cosa che anche da ateo non credo, avremmo solo ulteriori dubbi sul suo disegno e sulla sua dignità.
Mi spiace ma a me la cronaca nera non appassiona. Non ce la faccio proprio a provare quella curiosità morbosa che tanti bravi italiani sentono crescere in sé. Così anche stavolta mi tornano in mente i versi di Gaber:
Detto ciò, ancora, tutta questa storia mi ha lasciato abbastanza indifferente. Credo mi interesserò assai più stasera al secondo confronto Prodi-Berlusconi…
Sarà la giornata lavorativamente tesa; sarà l’asimmetria tra la fretta continua dei clienti che pretendono progetti ed offerte per ieri e il costante ritardo che però gli stessi accumulano nei pagamenti; sarà la mia ingenuità nel voler sempre credere nella ragionevolezza e buona fede dell’essere umano, sapendo bene che ogni accordo deve essere invece scritto, controfirmato, blindato; sarà che mi fa male la schiena; sarà il tempo che porta pioggia e cielo grigio; sarà la lettura delle notizie sui giornali; sarà l’orrore del dibattito tra Rutelli e Giovanardi visto martedì a Ballarò; saranno le facce dei Casarini e dei Caruso; saranno i morti a Napoli; sarà una bambina uccisa a percosse oggi; sarà la stagnazione del mercato ICT che non vuole proprio decollare; saranno queste e altre mille cose. Ma è mezz’ora che ascolto senza sosta e a tutto volume, nell’ufficio vuoto, Io se fossi Dio di Giorgio Gaber. Con gusto. E molto fiele in corpo.