Birmania. Dopo il clamore delle immagini e i racconti concitati dei giorni scorsi, ora un silenzio assordante sta mietendo vittime. Il silenzio della repressione senza osservatori internazionali, senza cronaca e senza reporter.
Un’epurazione in pieno stile “regime”: deportazioni, gulag, arresti e morti, terrore. Non so cosa farà l’Onu, l’Ue o i singoli stati. So che nel nostro piccolo possiamo riempire questo silenzio, appoggiando una causa, con parole, pensieri, gesti. Non lasciando il silenzio vincere sui media o nelle nostre teste: ciò che non sentiamo non necessariamente non esiste.
7 ottobre 2007 alle 09:43
mi sono imbattuta per caso nel tuo blog, inseguendo ricordi in una tristissima domenica romana. E’ importante continuare a sentire in sè i mali ( ed i beni) del mondo. A volte la rabbia impotente di chi sente consiste nella circostanza che chi potrebbe fare non sente o non sente abbastanza… ho letto qualche cosa girando nella tua casa virtuale e mi sono, per un attimo, ristorata nella tua serata di lettura e cucina…grazie
8 ottobre 2007 alle 12:00
Ciao HellyMei. Posso solo ringraziarti e dirti che mi fa piacere leggere ciò che hai scritto. Fa sentire anche meno soli nel senso di disagio che si prova di fronte a drammi di tale portata o all’interesse variabile che la nostra società sembra dargli. In alcuni casi, non resta che dedicarsi tempo ed attenzioni, come una serata di cucina e lettura, per recuperare le forze e dedicarsi il giorno seguente ad essere sempre gli stessi, senza arrendersi. Ciao