Siamo un Paese ben strano, capace di infuocarsi su singoli casi e mai capace di trovare soluzioni generali e risolutive.
E’ stato così per l’indulto, di cui ancora si discute con fuorvianti statistiche o titoli di giornali sensazionalistici: l’indulto è un provvedimento spot, teso a risolvere un problema contingente ovvero il sovraffollamento delle carceri, ma che non incide sulle linee di tendenza del fenomeno più generale. Serve e serviva solo a guadagnare tempo per una riforma capace di evitare il problema alla fonte, diminuendo il flusso in ingresso e trovando misure alternative alla carcerazione. Chiaramente, nessuna riforma è stata varata, anzi, nemmeno se ne parla più e non è più individuato come problema. Tra dieci anni o forse anche meno, ci troveremo forse ancora a parlare di indulto…
E’ così con il testamento biologico e con la buona morte. Il caso Welby ha fatto sensazione, ha fatto discutere, ha generato un profondo dibattito. Di una legge che metta chiarezza nella materia, però, nessuna traccia. Così, il padre di Eluana Englaro, oggi, assisterà ad una seduta della Cassazione sul destino di sua figlia, da 18 anni in stato vegetativo. Spero di no, ma ho molta paura che si vivrà l’ennesimo nulla di fatto. Mi chiedo anche se sia corretto che un potere dello Stato debba ogni volta sostituirsi, nel bene e nel male, ad un altro preposto invece a indicare la strada mediante la promulgazione di leggi ad hoc. In questo senso, il lavoro di alcune associazioni come quella intitolata a Luca Coscioni o A Buon Diritto, guidata da Luigi Manconi, fanno un lavoro molto importante, rintuzzando continuamente la nostra memoria fallace.