Il Blog di Lebowsky

"Tiente largo, ma datte 'n limite" (cit. M. Paolini)

Il reato di "plagio" non fa bene alla libertà

6 commenti

Recupero il titolo dell’articolo uscito su L’Unità di oggi a firma Manconi-Boraschi, che consiglio di leggere ai più e che qui provo a sintetizzare con il solo scopo di incuriosire i più pigri di voi.

Aldo Braibanti vive nel ghetto ebraico di Roma. È anziano e solo. Il sussidio che attende dalla legge Bacchelli tarda ad arrivare e, intanto, ha ricevuto un’ingiunzione di sfratto. Aldo Braibanti è un filosofo, ma anche un poeta, un ceramista, un mirmecologo (studia l’etologia delle formiche), un autore di teatro e di programmi radiofonici, un regista cinematografico. Più che la sua opera intellettuale o la militanza nella Resistenza, più che le mostre che hanno portato le sue ceramiche e i suoi collages in giro per l’Europa, di lui si ricorda una condanna per plagio a 9 anni di reclusione, nel 1968. La sentenza che lo condannò, e che segnò uno spartiacque nella storia del diritto e del costume del nostro paese, lo definiva “diabolico, raffinato seduttore di spiriti, affetto da omosessualità intellettuale”. La sua colpa era quella di aver vissuto una storia d’amore con un uomo di 24 anni, Giovanni Sanfratello (di nove anni più giovane); il quale, per tale ragione, venne ricoverato dalla famiglia in manicomio, dove rimase due anni, sottoposto a un trattamento di elettroshock. (…)

Nel 1981 la Corte Costituzionale ritenne illegittima questa norma, poiché priva di quel requisito di “tipicità” che “richiede una puntuale relazione di corrispondenza fra fattispecie astratta e fattispecie reale”. L’intento della sentenza della Corte era quello di “evitare arbitrii nell’applicazione di misure limitative di quel bene sommo e inviolabile costituito dalla libertà personale”. (…)

Lo scorso marzo la commissione Giustizia del Senato ha approvato il testo di un disegno di legge, che prevede la reclusione da due a sei anni per chi “mediante tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione, praticate con mezzi materiali o psicologici, pone taluno in stato di soggezione continuativa, tale da escludere o da limitare grandemente la libertà di autodeterminazione”. La proposta inquieta. L’influenza e la dipendenza psicologica sono condizioni consuete in moltissime forme di relazione; e – lo ripetiamo – non esistono prove scientifiche in grado di provare un potere di condizionamento mentale talmente coercitivo da prevaricare la volontà di alcuno. E, dunque, c’è il rischio – segnalato, tra gli altri, da Lucia D’Arbitrio e dal Conacreis – di penalizzare quelle relazioni che risultano trasgressive o, comunque, non conformi alla morale di maggioranza. E perché mai un giudice dovrebbe disporre della facoltà di decidere – o anche solo di indagare – sulla relazione umana, intellettuale ed emotiva, liberamente contratta da due o più individui adulti?

Fonte: A buon diritto, associazione per le libertà.

6 thoughts on “Il reato di "plagio" non fa bene alla libertà

  1. (E ritrovo Andrea! Scrivendo il mio penultimo post, mi chiedevo proprio cosa avrebbe detto dell’episodio che me lo suggeriva 🙂

  2. Quasi! Ritrovi Marco, che è un amico di Andrea, cui debbo il tuo link, racconti di treno e di conferenze. Mi spiace deluderti Annie 😦

  3. Orsù, c’è anche andrea… un po’ defilato, ma c’è. Saluti, molti.

  4. Ehi, un party sul mio blog! Che bello… Ciao Annie, Ciao Bobo

  5. (ma mi riferivo all’articolo, era quello l’Andrea ritrovato… o no? Bene, adesso so anche che tu sei Marco

  6. E’ lui… che dietro mia sollecitazione trova spazio anche nella Bobo’s Version… E sono io. Caspita quante cose sai Annie!

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